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UN PARTY DELLA BELLEZZA
di Vittoria Coen

P-ART-Y è stato un titolo vincente. La mostra, organizzata dal Gruppo Sangermano all’interno del meraviglioso spazio di Palazzo Bernaroli nel cuore del centro storico di Bologna, ha costituito il primo appuntamento tra arte e festa. Una festa coronata dallo champagne Lorraine Perrier, partner della intera operazione che ha coinvolto artisti italiani e internazionali di generazioni diverse, uniti da un progetto che hanno sposato con entusiasmo. Lo scopo generale è stato quello di sposare le eccellenze della tradizione alimentare con la cultura legata alle arti visive per allargare anche ad un pubblico di non addetti ai lavori la possibilità di vedere opere d’arte contemporanea in un contesto storico. Proprio da questo nasce il nome P-Art-Y, che sintetizza il concetto di festa nell’arte. E’ stato, dunque, un viaggio, un’avventura alla scoperta di un luogo carico di memoria storica, mai aperto prima d’ora al pubblico, aperto alle sfide della contemporaneità. Visto il successo di pubblico e l’impegno profuso da tutto il gruppo di lavoro, mi auguro che in futuro ci siano altre occasioni di sfida e di confronto. Colgo l’occasione per ringraziare gli artisti, i galleristi e i collezionisti che hanno prestato le opere con entusiasmo e partecipazione attiva. Gli artisti selezionati per questo evento non appartengono solo a generazioni diverse, ma seguono itinerari spesso in antitesi poetica fra loro, proprio perché questa esperienza ha rappresentato la massima apertura alle diversità di tecniche, di stili, di poetiche che possono convivere perfettamente nello stesso contesto. Ognuno di loro ha rappresentato se stesso non in un luogo asettico e predisposto come una galleria d’arte contemporanea, ma in un’architettura carica di storia e di memoria. Barbara Nahmad utilizza le vecchie foto come «oggetti trovati» per poi scavarli con la pittura, svuotando, sottraendo, tenendo solo ciò che è necessario al suo racconto scarno ed essenziale: la tecnica antica dell’olio su tela, in questo vuoto silenzioso, è come se tornasse a parlarci. La pittura infatti si conserva in tutta la sua pienezza, ma in una dimensione di effetto monocromo da cui nascono dipinti che sembrano di sabbia. Le immagini raccontate da Nahmad ricche di partecipazione, sono evocative e realistiche al tempo stesso. Il rapporto natura /cultura ha avuto il suo inizio nella ricerca diversi decenni fa. Oggi, forse più che negli Anni Sessanta e Settanta, questo rapporto vede Christo (classe 1935) assolutamente contemporaneo. Il processo di alterazione, di contaminazione totale, anche se per periodi brevi, ci porta su un binario di percezione diversa del mondo, sia che venga impacchettata la natura sia l’architettura. Gli “oggetti” presi come spunto da Giorgio Laveri sono quelli di uso più o meno quotidiano: la Moka, declinata in tutte le sue possibilità cromatiche e dimensionali, così come le penne stilografiche, e i policromi rossetti Truka, gli Strike, i birilli del gioco del bowling, i lucchetti, le ciliegie e molto altro. I suoi oggetti – soggetti sono i protagonisti assoluti di una scena vagamente surreale. Nel lavoro di Fedrico Romero Bayter tutto parte dal disegno (lui li chiama “disegni per progetti”) ; segni veloci mano a mano delineano, accavallandosi e intrecciandosi, un groviglio di linee fatto di fughe prospettiche che reinventano la percezione di città, palazzi, strade. I paesaggi urbani di Bayter sono delle vere e proprie visioni, che, nonostante siano “fissate” sulla tela, portano l’occhio di chi osserva a studiare i molti dettagli della narrazione come se vedesse un film. Per Daniela Gullotta gli spazi, i luoghi diventati immaginari come erano state le immaginarie “prigioni” di Piranesi, provocano in questi straordinari lavori, più un senso di attesa che di abbandono, come se si possa pensare ad un futuro che rimette in piedi le strutture nate secoli fa per un fine preciso. Il Colosseo, il Pantheon, sono luoghi precisi nella città, possono essere individuati, ed è proprio questo incrociarsi di realtà e di immaginazione, di fedeltà all’esistente e di lettura libera, a renderli così seducenti. Nel caleidoscopio di immagini, l’obiettivo autentico è quello di ritrovare il gusto della pittura, ma ripresa attraverso il cinema, la fotografia, le riviste patinate, infine, la storia stessa della pittura. In questo caso Nyoman Erawan crea una sorta di architettura naturalistica e nello stesso tempo astratta e cerca di sostituirsi alla natura e allo spazio della tela per andare oltre. Nell’opera di Wayan Suja una figura femminile entra ed esce dallo spazio della pittura. Si narra la pittura? Il mezzo più moderno di espressione? Potrebbe a volte essere così, come per l’artista. Si potrebbe, come è stato fatto, parlare di “tradition of the new” e, come un’onda, l’espressione creativa prende corpo, sostanza, offrendo proposte piuttosto che soluzioni perentorie. Esther Mahlangu (definita la regina d’Africa) risponde al pubblico durante l’inaugurazione di una sua mostra. A chi le chiedeva di esprimere come si ponga la relazione tra arte figurativa e arte astratta nel suo universo creativo lei rispose con un sorriso: …”io non faccio arte, faccio decorazione”, spiazzando tutti, rispetto ad un “dilemma” così sentito per decenni in Occidente e non solo, e spostando il centro dell’attenzione proprio sulla definizione o cosiddetta s-definizione dell’arte. I suoi colori e le sue geometrie sono gli strumenti di abbellimento delle capanne del villaggio che festeggiano il ritorno degli uomini dalla caccia. Il lavoro di Sadegh Tirafkan comprende si occupa, tra l’altro, della percezione della mascolinità nella cultura persiana. Altri progetti come " Persepolis ", " Ashura ", "segreta delle parole", "L'uomo iraniana", "Sussurri d'Oriente", "la perdita della nostra identità", "Moltitudine" e affare "devozione" con la storia iraniana, identità, socio-politiche, religiose e di genere. Il tema della luce nella installazione di Franco Savignano è fonte di vita e, dunque, di sopravvivenza dell’uomo e di tutte le forme di vita sulla terra, e ha, da sempre, affascinato gli artisti che hanno creato opere per rappresentare, raccontare, interpretare la luce. Il suo nuovo rinascimento gioca sulla citazione dell’antico che altera attraverso il binomio luce/ombra, il blu di Klein e l’oro della pittura bizantina, creando un cortocircuito misterioso supportato da imponenti cornici volutamente barocche. Il passato, anche ne presente, non ci abbandona mai. Terry Winters: i suoi pattern pittorici sono il risultato di un’analisi che parte non dall’arte ma che aggrega in sé studi di matematica e fisica… E’ come se la pittura fosse il DNA di una conoscenza più ampia, di un sapere più generale che riguarda anche le scienze. Impossibile, dunque, parlare di pittura, come di una semplice espressione di forma e colore, e questo differenzia l’artista americano dai suoi predecessori dell’immediato dopoguerra. Esponente di spicco del movimento denominato Neo Geo degli Anni ’80 Peter Schuyff parte dalla cosiddetta Optical Art creando tele intrecci geometri di cromatismi accessi formano dei labirinti di segni nello spazio con effetti ottici quasi tridimensionali. Spesso vengono a generarsi delle vere e proprie onde che generano la suggestione di un movimento apparente. In lui la pittura risorge ma con significato poetico e ideologico molto diverso dai suoi predecessori degli Anni ’60. La celebre opera di Salvador Dalì: Venus a la Girafe, esprime, come tutte le opere dell’artista, l’amore per l’eccesso e per la ricchezza della forma, così come per molti altri artisti del Surrealismo. La contraddizione formale è proprio la rappresentazione della Venere non alla maniera classica, bensì con una distorsione formale e inquietante. E’ proprio il concetto di bello tradizionale che viene messo in discussione per favorire l’emersione delle nostre pulsioni più profonde, naturalmente, come altri maestri, dettate dallo sviluppo della psicoanalisi. Ma Liuming, pittore ma anche artista eclettico per diverso tempo ha subito la censura politica in Cina per la sua ricerca artistica volta a svelare e a rappresentare la nudità. Provocatore instancabile, egli gioca su un aspetto quasi surreale nelle sue immagini liberamente consapevole di creare un effetto spiazzante nell’osservatore In Andrea Bianconi si afferma la continua interazione tra il sé e il suo alter ego attraverso un gioco di recupero di oggetti, installazioni sonore, video, foto, una infinità di schizzi e progetti, performance. Il suo mondo, il suo sentire, affonda le radici in tutto quello sperimentalismo libero e aperto che fu proprio anche della sensibilità Fluxus. Oggetti, persone, sagome di persone , si affacciano provocatoriamente nello spazio. Proprio lo spazio diventa spesso il suo alter ego. Da qui nascono, ad esempio le installazioni sonore che generano contrasti tra forme, immagini, e suoni. Per questo Bianconi affronta lo spazio come una specie di combattimento ironico, scherzoso, ma profondamente attuale nella sua simultaneità percettiva.

 
 
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