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INDIVIDUALITÀ / ALTERITÀ
Estratto dal testo L’UNO E (È) IL MOLTEPLICE di Alessandro Trabucco
Negli ultimi decenni si è instaurato un sistema “particolaristico” che ha segnato il vero trasbordo nell’era contemporanea, caratterizzata, sembrerebbe assurdo a dirsi, da un progressivo «processo di individualizzazione» in contrapposizione al collettivismo dell’era industriale. È una situazione che pare destinata a durare indefinitivamente per molto tempo e che la velocità degli spostamenti e la ramificazione delle comunicazioni ha ormai diffuso su scala planetaria. Individualizzazione come perdita di un unico solido punto di riferimento sul quale basare la propria esistenza.
Sempre Bauman scrive: “[...] Tocca all’individuo scoprire cosa è capace di fare, portare tale capacità al limite estremo e scegliere i fini a cui tale capacità può essere meglio applicata, e cioè la maggiore soddisfazione possibile”¹. Siamo quindi nell’epoca in cui non si finisce mai di domandarsi che cosa si farà “da grandi”.
La selezione degli artisti vuole rappresentare una riflessione sulla contemporaneità quale complesso e problematico rapporto tra la vita relazionale reale e la sublimazione della realtà per mezzo della tecnologia, tra il mondo realmente esperito e vissuto nella sua completezza e quello immaginato e reinventato da esigenze di differente natura, tra il proprio bagaglio culturale e la difficoltà di integrazione con altre realtà sociali.
Numerose esposizioni in ambito nazionale ed internazionale hanno affrontato l’argomento, non ultima “Identità & Nomadismo” allestita nel 2005 presso il Palazzo delle Papesse di Siena e curata da Lorenzo Fusi. Nella presentazione dell’esposizione, che ha visto la partecipazione di artisti di fama mondiale, Fusi afferma: “[...] L’integrazione e i conflitti sociali stanno ridefinendo la nostra percezione dell’«io» e dell’«altro». In lotta, come siamo, fra la necessità di affermare le nostre individualità e specificità (etniche, politiche, religiose, linguistiche, di genere, ecc.) e il desiderio di abbattere le barriere e i nostri confini geopolitici e mentali, stiamo trasformando dall’interno i parametri dell’autoriconoscimento, il modo in cui ci percepiamo e ci rappresentiamo. In questa delicata fase di rinegoziazione identitaria gli artisti giocano un ruolo molto importante. Chi è lo straniero e per chi? Il nomade ha un senso dell’identità più forte dello stanziale? Chi non ha radici? E, soprattutto, l’artista è nomade per definizione e, nel caso, a quale mondo appartiene?”².
L’artista è per sua natura un acuto osservatore della realtà circostante, le sue riflessioni vanno al di là della pragmatica vita quotidiana la quale viene trasfigurata per mezzo della propria azione creatrice. Non penso sia compito dell’artista formulare giudizi, quanto piuttosto suscitare delle reazioni che coinvolgano emotivamente e aiutino ad “aprire gli occhi”. In questo modo grandi maestri del Sette/Ottocento come Francisco Goya e Honoré Daumier hanno rivendicato il diritto di esprimere la realtà delle cose attraverso opere dal sofferto e forte significato allegorico il primo e realisticamente ironico e grottesco il secondo.
La molteplicità delle proposte dell’arte a noi contemporanea mi ha imposto la necessaria creazione di una sorta di suddivisione abbastanza precisa, ma al contempo flessibile, delle varie ricerche che gli artisti invitati stanno portando avanti negli ultimi anni.
Identità Sociale e Collettiva
L’unione fa la forza. Un detto che esemplifica bene questa prima sezione nella quale è rappresentata l’identità del singolo assorbita ed amalgamata in collettivi sociali.
Alessandro Di Giugno realizza ritratti fotografici di gruppo che rappresentano situazioni la cui “ufficialità” è certificata dalle pose, a volte “teatrali” ed ostentate, nelle quali i personaggi si fanno riprendere. L’unione di più persone accomunate dalla condivisione di interessi, tradizioni, usanze, regole e dogmi ha costituito da sempre la base delle società, non senza escludere l’eventualità di contrasti interni anche molto violenti. Nelle opere in mostra Di Giugno ben rappresenta l’atmosfera che domina la nostra epoca. Rage Against the Machine e Ipotesi per una giovane confraternita sono due dittici nei quali è evidente la forte coesione che unisce i due gruppi in grado di trasmettere una sensazione di sicurezza e fedeltà alle proprie convinzioni.
Gabriele Silvi fa dell’ironia la propria costante cifra espressiva. Nelle sue opere il tema dell’identità è quasi sempre il fulcro sul quale ruotano le varie argomentazioni affrontate, spesso sotto forme fiabesco/allegoriche. L’opera intitolata K.I.S.S. Talking about my generation è di grande impatto. Un enorme elefante in mezzo alla stanza ricorda un modo di dire inglese, come ad esprimere una verità lapalissiana impossibile da ignorare. Una riflessione sul debito che l’Italia accumula giornalmente a causa della violazione continua del Protocollo di Kyoto sulle emissioni di CO2. Con l’opera Out of danger Silvi ironizza sull’identità segreta del supereroe, quale ideale protettore della nostra incolumità, sempre pronto a salvarci in modo disinteressato.
Silvia Negrini realizza disegni su carta millimetrata, sezioni architettoniche che rappresentano i fatti di cronaca che hanno sconvolto la società italiana e segnato in modo indelebile l’immaginario collettivo: la strage di Piazza Fontana a Milano, l’omicidio di Aldo Moro, l’attentato alla stazione di Bologna, la strage di Capaci, quella del Cermis. La Negrini affronta questi delicati temi mantenendo il gesto e il segno “congelati”, espressi attraverso l’utilizzo dei trasferelli usati nei progetti di architettura e da piccoli disegni che assumono significati allegorico/ludici, come i simboli presenti nei videogiochi anni ’80, di quel periodo oggi denominato “archeologia digitale”.
Barbara Nahmad presenta un’installazione dal forte impatto visivo ed emotivo dal titolo Tavole della Protesta. Quaranta dipinti di piccolo formato vanno a comporre sulla parete un’insieme di istantanee che rappresentano gli scontri di piazza degli anni della contestazione sessantottina.
A quarant’anni esatti da quegli eventi che hanno trasformato le società mondiali, l’artista ripropone quelle atmosfere attraverso immagini recuperate da fonti originali (i giornali dell’epoca) ed un sonoro che ripropone quel drammatico sconvolgimento epocale fatto di continue manifestazioni, scontri frontali, occupazioni, bombe molotov, pugni chiusi e slogan.
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¹ Zygmunt Bauman, Modernità liquida, Editori Laterza, 2002
² Lorenzo Fusi, dal catalogo Identità & Nomadismo, Palazzo delle Papesse, Siena, 27 maggio -